Christopher Kent Mineman - Didattica in rete

Caratteristiche di uno Scattering

Ogni esperimento di scattering è quindi caratterizzato da tre elementi principali:

  • Un fascio di particelle
  • Un target
  • Un rivelatore

I primi ad effettuare questo genere di esperimenti, con lo scopo di indagare la struttura della materia, furono Geiger e Marsden in collaborazione con Rutherford (attorno ai primi del ‘900).
Questi esperimenti utilizzavano fasci collimati di particelle a (nuclei di elio, e quindi formati da due protoni e due neutroni) e come target una lamina metallica sottile (per non dover analizzare anche gli scattering multipli).
Il rivelatore è posizionato in modo da poter misurare le particelle diffuse ad un certo angolo Φ in un determinato intervallo di tempo (Δt).
Non è possibile effettuare analisi sugli scontri di singole particelle, e pertanto dovremo basarci su di uno studio probabilistico degli urti, a diversi angoli, prendendo ogni volta in cosiderazione solo una certa frazione delle particelle che hanno raggiunto il target.

Nell’esperimento di Rutherford, Geiger e Marsden avevano utilizzato un fascio di particelle a sparato contro ad una lamina d’oro spessa 0,4 mm.
Avevano osservato che maggior parte delle particelle incidenti proseguiva indisturbata attraversando la lamina d’oro (non subendo quindi alcuna deviazione), mentre una piccolissima frazione di esse veniva deflessa ad angoli anche molto maggiori di 90° e qualcheduna rimbalzava perfettamente all’indietro.
Visto che la maggior parte delle particelle proseguivano senza la minima deviazione, ciò significava che le probabilità di avere un urto erano piccolissime e, di conseguenza, le possibilità di avere due urti erano di molto minori.
A seguito di calcoli effettuati da Thomson, si è ricavato che gli angoli di deflessione dovevano essere simili a quelli calcolati per un qualsiasi esperimento di random walk (moto casuale), e cioè direttamente proporzionali alla radice quadrata del numero degli urti (infatti per oggetti che si muovono di moto casuale in tutte le direzioni, la distanza più probabile percorsa risulta coincidente con la radice quadrata del numero totale dei movimenti effettuati).
Sempre secondo Thomson in teoria la deflessione di una particella qualunque doveva rispettare la seguente legge: , dove F è l’angolo di deviazione della particella incidente, n è il numero degli urti e q è la deflessione media delle particelle.

Quindi da questa formula si ricava che per avere grandi angoli di deflessione, una particella deve subire numerosi o numerosissimi urti (a causa del fatto che n è posto sotto radice).

Poiché però per evidenza sperimentale la deviazione delle particelle era nella stragrande maggioranza dei casi pressoché nulla, allora la probabilità di avere deflessione grande avrebbe dovuto essere molto vicina a zero (per la precisione, avrebbe dovuto essere di circa 10-3518, ossia 1 posto dopo 3518 zeri dopo la virgola!).
Per evidenza sperimentale però esistono particelle deviate ad angoli anche molto maggiori di 90°, cosa che contraddiceva l'ipotesi formulata.