Christopher Kent Mineman - Didattica in rete

Esperimento di Mach-Zender

Elitzur e Vaidmann (EV) 1993 hanno verificato che la meccanica quantistica consente di esaminare un oggetto senza che un singolo fotone di luce realmente interagisca con lo stesso. L'esperimento di EV richiede soltanto la possibilità di interazione. Più recentemente i fisici a Los Alamos e ad Innsbruck hanno dimostrato sperimentalmente l'effetto con una versione migliorata dello schema di EV, portando l'efficienza del processo dal 33% ad oltre il 75%.

L'apparecchio che permette questa prova è denominato un interferometro di Mach-Zender, un attrezzo ottico standard utilizzato frequentemente per misurare l'indice di rifrazione dei gas. L'interferometro utilizza uno specchio semiriflettente per dividere la luce ricevuta in due fasci di uguale intensità ciascuna pari al 50% di quella iniziale. Questi fasci il primo diretto verso B e il secondo verso A vengono riflessi dagli specchi A e B e giungono contemporaneamente allo specchio semi riflettente S2. subendo una seconda suddivisione. Accoppiati a 2 quarti di fascio i raggi ricombinati vanno ad uno di due rilevatori o S1 o S2 .

Schema dell'interferometro di Mach-Zender.

Ad ogni riflessione il raggio luminoso subisce uno sfasamento di π / 4 ossia di un quarto di lunghezza d'onda.

Pertanto in D1 e in D2 giungono due fasci ciascuno di intensità 1/4.

Consideriamo la luce che giunge in D1

1° L-S1-A-S2-D1 e subisce due riflessioni (in S1 e A) e arriva sfasato di mezza lunghezza d'onda

2° L-S1-B-S2-D1 e subisce due riflessioni ( in B e S2) e arriva sfasato di mezza lunghezza d'onda

I due fasci arrivano in fase e pertanto avremo interferenza costruttiva. In D1 si osserva la luce emessa dal laser

Consideriamo ora la luce che giunge in D2.

1° L-S1-A-S2-D2 e subisce tre riflessioni (in S1 e A e in S2) e arriva sfasato di tre quarti di lunghezza d'onda.

2° L-S1-B-S2-D2 e subisce una riflessione ( in B ) e arriva sfasato di un quarto di lunghezza d'onda

I due fasci arrivano sfasate di π /2 e pertanto avremo interferenza distruttiva. In D2 un viene rilevata alcuna luce.

Si supponga ora che venga utilizzata una fonte di luce che può emettere i fotoni uno alla volta. Un fotone emerge dalla fonte ed attraversa il fascio-divisore superiore (linea punteggiata superiore), che ha la caratteristica che 50% del tempo che il fotone sarà riflesso a 90° e 50% del tempo sarà trasmesso diritto. Può allora viaggiare allo specchio A o allo specchio la B (linee continue) dove sarà riflesso di 90°. lungo il uno o il altro percorso, il fotone raggiunge il fascio-divisore più basso (linea più basso punteggiata), dove può essere trasmesso o riflesso ancora, raggiungendo il rivelatore D1 del fotone o il rivelatore D2 del fotone.

Si osserva che in questo caso si osserva che il fotone giunge sempre sul rilevatore D1 e mai sul rilevatore D2. Perché?

Se il fotone esistesse realmente sarebbe una particella e come tale in quanto corpuscolo potrebbe con la stessa probabilità passare o essere riflesso sia da S1 che da S2. In ogni caso avrà sempre la stessa probabilità di giungere sia in D1 che in D2.

Il fatto che sperimentalmente ogni fotone giunga in D1 ma non in D2 può essere interpretato solo immaginando che ogni quanto di luce non sia composto da particelle ma si propaghi come una perturbazione non localizzata e che solo in D1 o in D2 interagendo col rilevatore vi sia uno scambio di energia a cui associamo il concetto di fotone scambiato. Questa ricombinazione si osserva solo in D1 in quanto a causa dell'interferenza distruttiva in D2 la ricombinazione è distruttiva.