Il concetto di campo elettromagnetico fu intuito da Faraday e precisato da Maxwell. Può essere espresso dicendo che la presenza di cariche elettriche in quiete o in moto altera, punto per punto, lo spazio circostante (anche se vuoto di materia) ed esso diventa sede d’azioni di forza che si esplicano su una carica che lo esplora.
Tutto l’elettromagnetismo concerne le relazioni tra questo campo e le sue cause (carica e corrente) nonché le relazioni tra i due vettori che lo costituiscono (E e B).
Il flusso e la circuitazione sono i due strumenti concettuali necessari per lavorare con i campi.
Osservando un corso d’acqua notiamo:
Che esso è alimentato da sorgenti a partire dalle quali l’acqua
fluisce;
Che può presentare vortici, ossia assi attorno ai quali l’acqua
circola formando anelli o gorghi.
Per caratterizzare il fluire delle sorgenti e il circolare dell’acqua
attorno ai vortici s'introducono i concetti di flusso e di circuitazione.
Il flusso rappresenta il volume d'acqua che attraversa una superficie nell’unità di tempo.
Se la superficie è chiusa e il flusso è positivo vuol dire che al suo interno vi sono sorgenti, se è negativo vi sono pozzi; se è nullo non vi sono né sorgenti né pozzi.
La circuitazione del vettore velocità lungo una linea chiusa e orientata è la somma di D l vt.
Se la circuitazione è diversa da zero la linea abbraccia un vortice. Se è nulla per qualunque linea chiusa che abbraccia l’asse, quell’asse non è un vortice.
Tali concetti possono essere generalizzati per qualsiasi campo, compreso il campo elettromagnetico.
Poniamoci sul treno in moto uniforme, sediamoci; seduti, non avvertiremo
il moto, anzi potremo credere che la vettura stia ferma e che sia la strada
a correre sotto di noi, cosa, questa, conforme al Principio speciale di
relatività. Ora, improvvisamente, per una brusca frenata, il moto
non è piú uniforme: io che viaggiavo seduto subisco una
brusca spinta in avanti.
L'accelerazione - positiva o negativa - della vettura si manifesta nel
comportamento del mio corpo rispetto a questa: comportamento del tutto
diverso dall'altro precedentemente descritto, per cui sembra doversi escludere
che rispetto alla vettura che si muove non uniformemente valgano le stesse
leggi meccaniche valide per la vettura in quiete o in moto uniforme.
È chiaro allora che rispetto alla vettura che viaggia con moto
non uniforme non vale il principio di Galilei.
(La teoria generale della Relatività)
Per sciogliere questo nodo
Einstein invita a considerare un nuovo concetto, cioè quello di
«campo».
Se lasciamo cadere a terra un sasso e ci chiediamo il perché del
fenomeno, in genere rispondiamo: perché esso è attratto
dalla Terra.
La fisica moderna dà una risposta alquanto diversa, giacché
lo studio dei fenomeni elettromagnetici ci impone di concludere che in
natura in ogni azione a distanza interviene un mezzo intermediario. Per
esempio, se una calamita attrae un pezzo di ferro non ci si deve limitare
a credere che essa abbia una diretta azione sul ferro attraverso lo spazio
vuoto, ma si deve immaginare, con Faraday, che esso suscita nello spazio
circostante una certa realtà fisica che si chiama «campo
magnetico».
Ed è questo campo che agisce sul pezzo di ferro, e lo fa muovere
verso la calamita.
In modo analogo si concepisce anche la forza di gravitazione. La terra
agisce sul sasso indirettamente: essa produce intorno a sé un campo
di gravitazione che agisce sul sasso e ne provoca la caduta. Via via che
ci si allontana dalla Terra, l'intensità - e l'esperienza lo prova
- di azione su un corpo diminuisce secondo una legge ben precisa. Ciò
significa per noi che la legge che regola le proprietà spaziali
del campo gravitazionale deve essere esattamente determinata in modo da
descrivere con precisione la progressiva diminuzione dell'azione gravitazionale
via via che aumenta la distanza. Possiamo immaginare il fenomeno cosí:
il corpo, per es. la terra, comporta intorno a sé un campo; sarà
appunto la legge che regola le proprietà spaziali dei campi di
gravitazione a determinare intensità e direzione del campo in zone
via via piú lontane dal corpo.
Il campo gravitazionale, a differenza dell'elettrico e del magnetico,
presenta una sua caratteristica peculiare assai importante per quanto
diciamo appresso. I corpi, che si muovono sotto l'azione esclusiva del
campo gravitazionale, acquistano un'accelerazione che non dipende affatto
né dalla materia né dallo stato fisico del corpo. Un pezzo
di piombo e un pezzo di legno cadono nello stesso identico modo, in uno
spazio vuoto d'aria, se partono ambedue dallo stesso stato di quiete o
con la stessa velocità iniziale.
Se, come insegna l'esperienza, in un campo gravitazionale l'accelerazione
non dipende dalla natura del corpo né dal suo stato fisico, il
rapporto tra massa inerziale e massa ponderale deve essere uguale per
tutti i corpi... Quindi la massa ponderale (o gravitazionale) di un corpo
è uguale alla sua massa inerziale.
La meccanica classica accettò questa legge, ma senza offrirne una
interpretazione. Un'interpretazione soddisfacente si può avere
solo riconoscendo che una stessa qualità di un corpo si manifesta
secondo le circostanze come inerzia o come peso.
Sulla base di questo concetto di «campo» si faccia questa ipotesi:
Immaginiamo una vasta zona di spazio vuoto abbastanza lontano dai corpi
celesti e da altre masse considerevoli... Sia, per noi, corpo di riferimento
un'immaginaria cabina, entro la quale si trovi un osservatore munito di
apparecchi. Naturalmente per questo osservatore non c'è gravità:
egli deve essere assicurato con corde al pavimento, altrimenti al primo
urto con questo volerebbe verso il soffitto della cabina.
Supponiamo che al centro del tetto, all'esterno, sia infisso saldamente
un gancio a cui venisse legata una corda; supponiamo ancora che su questa
corda agisse un essere - non importa saperne la natura - che con forza
costante tiri in su. La cabina, e con essa l'osservatore, comincerà
a salire con moto uniformemente accelerato, e se potessimo collocarci
in un altro sistema di riferimento non collegato alla cabina, vedremmo
che questa - con l'osservatore interno - acquisterebbe una velocità
enormemente crescente.
Ma l'osservatore nella cabina come giudicherà il movimento? L'accelerazione
della cabina gli viene comunicata dal pavimento mediante una spinta che
egli riceve, se è in piedi, attraverso le gambe. Egli starà
ritto nella cabina come qualunque uomo nella stanza della sua casa sulla
terra. Se lascia andare un oggetto che aveva in mano, questo non subirà
piú l'accelerazione impressa dal moto della cabina, ma cadrà
sul pavimento con moto relativo accelerato. L'osservatore si convincerà
che l'accelerazione verso il pavimento sarà sempre la stessa, qualunque
sia il corpo col quale egli fa questo esperimento. Cosí l'uomo
in cabina, utilizzando la cognizione che egli ha del campo gravitazionale,
trae la conclusione che egli si trova con la cabina in un campo gravitazionale
costante nel tempo. Per un momento egli rimarrà meravigliato dal
fatto che la cabina non sia attirata in questo campo gravitazionale, ma
poi si accorgerà del gancio fissato sul tetto e della fune che
vi è legata e ne trarrà la conclusione logica che la cabina
è immobile nel campo gravitazionale.
(La teoria generale della Relatività)
Dall'esempio indicato della cabina, dunque, si può ricavare il principio di equivalenza: gli effetti di un campo gravitazionale uniforme, quello della terra, e quelli prodottisi in un sistema uniformemente accelerato, quello della cabina, sono equivalenti
![]() |